Emilio Mazzoni Zarini
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Emilio Mazzoni Zarini. Albero contorto.
Acquaforte e puntasecca. mm 225x325. Foglio: mm 278x385. Firmata a matita in basso a destra. Dedica a Ennio Cocchi in basso a sinistra. Emilio Mazzoni Zarini: dipinti, disegni e incisioni, 1900-1945, a cura di P. Pacini e G. Bacci di Capaci, catalogo della mostra Fauglia, Pisa 2013, n. 40. Una delle più belle incisioni di Mazzoni Zarini. “Nella natura, raffigurata di preferenza al crepuscolo, durante notti di luna, o in situazioni meteorologiche instabili, si ricercava ora lo specchio psichico nel quale riflettere tensioni romantiche, sentimenti malinconici, inguaribili tristezze. Gli alberi tipici del paesaggio toscano, i cipressi, le querce e gli ulivi, venivano iconizzati, assurgendo a protagonisti di colloqui, muti per i più, ma vivi e palpitanti per le anime sensitive; i tronchi nodosi, i rami animati e antropomorfi, diventavano le incarnazioni mitografiche di un panteismo campagnolo capace di esaltare l’anima dei giovani oppure, al pari dei vecchi, farsi custode di memorie, sofferenze e sopportazioni. Alcuni titoli e ricorrenze di soggetti sono abbastanza rivelatori: L’albero malato di Giuseppe Viner, L’albero contorto di Giuseppe Mazzoni Zarini, La grande quercia di Luigi Michelacci, L’olivo di Guido Spadolini”. E. Bardazzi, La civiltà delle riviste e lo sviluppo della grafica , in Motivi e figure nell’arte toscana del XX secolo, Firenze, 2000, p. 58.
Acquaforte e puntasecca. mm 225x325. Foglio: mm 278x385. Firmata a matita in basso a destra. Dedica a Ennio Cocchi in basso a sinistra. Emilio Mazzoni Zarini: dipinti, disegni e incisioni, 1900-1945, a cura di P. Pacini e G. Bacci di Capaci, catalogo della mostra Fauglia, Pisa 2013, n. 40. Una delle più belle incisioni di Mazzoni Zarini. “Nella natura, raffigurata di preferenza al crepuscolo, durante notti di luna, o in situazioni meteorologiche instabili, si ricercava ora lo specchio psichico nel quale riflettere tensioni romantiche, sentimenti malinconici, inguaribili tristezze. Gli alberi tipici del paesaggio toscano, i cipressi, le querce e gli ulivi, venivano iconizzati, assurgendo a protagonisti di colloqui, muti per i più, ma vivi e palpitanti per le anime sensitive; i tronchi nodosi, i rami animati e antropomorfi, diventavano le incarnazioni mitografiche di un panteismo campagnolo capace di esaltare l’anima dei giovani oppure, al pari dei vecchi, farsi custode di memorie, sofferenze e sopportazioni. Alcuni titoli e ricorrenze di soggetti sono abbastanza rivelatori: L’albero malato di Giuseppe Viner, L’albero contorto di Giuseppe Mazzoni Zarini, La grande quercia di Luigi Michelacci, L’olivo di Guido Spadolini”. E. Bardazzi, La civiltà delle riviste e lo sviluppo della grafica , in Motivi e figure nell’arte toscana del XX secolo, Firenze, 2000, p. 58.
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Bellissimo esemplare con magistrale effetto di velatura appartenuto all’allievo Ennio Cocchi.
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