Pair of candlesticks two flames in golden bronze and painting depicting moretti dated on the basis of 1788, support plinth in white and gray marble, height 56 cm THE MYTH OF THE "GOOD WILD" In the years between 1795 and 1815 they were made art objects called "au bon sauvage," the noble savage. The contemporary observer usually reacts to these performances with a twofold sense: fascination and irritation. Impressed by dependable quality and fine bronzes from the exotic charm, but also detached from their potential implicit discriminatory. This ci'invita duality to observe more closely the social environment of these particular candlesticks. Since the expedition of Cristoforo Colombo on the subject of "savages" was the applicant in European philosophy. The myth of the noble savage is based primarily on the concept of "state of nature" in which there are no differences between men: the inequality and oppression are the result of an organization of society that is contrary to nature and to human reason. The myth of a primitive man, basically good because it is simple and natural, untainted by the vices of modern civilization. The man is born good and it is only the civilization, with its set of conveniences and laws (including also private property), makes him a slave of artificial ed'obblighi needs, and therefore selfish, wicked, restless and unhappy . With the "wild" term means men belonging to civilization, so different from ours that it deserves the title of "men of the forest", beings devoid of any civilization.The myth of the noble savage, released earlier especially by Catholic missionaries, who dispute against the corrupt habits of Europeans, soon becomes heritage of secular culture, in the sense that the wild had grown "good" outside of revelation and despite the original sin. In 1774 it was brought to Europe, creating great excitement in London and Paris, a native of the South Seas, Omai. He was publicly displayed and examined by scientists. Omai was received in audience by King George III in 1776 and portrayed the most famous portrait painter of the time, Sir Joshua Reynolds (1723-1792) in a painting now at Howard Castle (UK). Not even the most realistic reportage and personal travel stories di'esperienze could prevent Europeans idealize the people of these exotic locations. This is also reflected in the different artistic interpretations of the theme. The savages were good heart, lived in heavenly places, and due to their proximity to nature and their innate freedom, they were even closer to their Creator. In the European tradition that creature was also equipped with a superior beauty. Curls, full lips and eyes were completely white the distinctive character of a different race. Some joined by other attributes such as a crown of feathers, bracelets and sandals, which were sufficient to create an appearance exotic and show the image of the wild.
Coppia di candelieri a due fiamme in bronzo dorato e dipinto raffiguranti moretti datati sulla base 1788, supporto a plinto in marmo bianco e grigio, altezza cm 56
IL MITO DEL “BUON SELVAGGIOâ€
Negli anni tra il 1795 e il 1815 furono realizzati oggetti d'arte denominati “au bon sauvageâ€, il buon selvaggio. L'osservatore contemporaneo generalmente reagisce di fronte a queste rappresentazioni con un duplice sentimento: fascino e irritazione. Impressionato dall’indubbia qualità dei raffinati bronzi e dal fascino dell'esotico, ma anche distaccato dal loro implicito potenziale discriminatorio. Questa dualità ci’invita ad osservare con maggiore attenzione l'ambiente sociale di questi particolari candelieri.
A partire dalla spedizione di Cristoforo Colombo il soggetto dei “selvaggi†è stato ricorrente nella filosofia Europea. Il mito del buon selvaggio è fondato principalmente sul concetto di “stato di natura†nella quale non esistono differenze tra gli uomini: la disuguaglianza e l'oppressione sono il risultato di un'organizzazione della società che è contraria alla natura e alla ragione umana. Il mito di un uomo primitivo, fondamentalmente buono perché semplice e naturale, non contaminato dai vizi della civiltà moderna. L'uomo nasce buono ed è soltanto la civiltà, che con il suo insieme di convenienze e di leggi (tra i quali anche la proprietà privata), lo rende schiavo di bisogni ed’obblighi artificiali, e perciò egoisti, malvagi, inquieti ed infelici. Con il termine “selvaggio†s'intendono gli uomini appartenenti a civiltà, così diverse dalle nostre da meritare l'appellativo di “uomini delle selveâ€, esseri privi di qualsiasi civiltà. Il mito del buon selvaggio, diffuso all'inizio specialmente dai missionari cattolici, che polemizzano contro i costumi corrotti degli europei, ben presto diviene patrimonio della cultura laica, nel senso che il selvaggio era cresciuto "buono" al di fuori della rivelazione e nonostante il peccato originale. Nel 1774 fu portato in Europa, creando grande eccitazione a Londra e Parigi, un indigeno dei mari del sud, Omai. Egli fu mostrato in pubblico ed esaminato da scienziati. Omai fu ricevuto in udienza dal re Giorgio III e ritratto nel 1776 dal più famoso ritrattista del tempo, Sir Joshua Reynolds (1723-1792) in un dipinto oggi conservato ad Howard Castle (Gran Bretagna). Neanche i più realistici reportage e i racconti di’esperienze personali di viaggio poterono impedire agli europei di idealizzare gli abitanti di questi luoghi esotici. Ciò si riflesse anche nelle varie interpretazioni artistiche sul tema. I selvaggi erano buoni di cuore, vivevano in luoghi paradisiaci, e grazie alla loro prossimità alla natura e alla loro libertà innata, essi erano anche più vicini al loro Creatore. Nella tradizione europea tale creatura era anche dotata di una bellezza superiore. Riccioli, labbra carnose e occhi completamente bianchi erano i caratteri distintivi di una razza diversa. Alcuni aggiunsero altri attributi quali una corona di piume, braccialetti e sandali, che erano sufficienti a creare un'apparenza esotica e mostrare l'immagine del selvaggio.